C. Monet
A questo corpo…..occorreranno gli imminenti eccessi della nostra chirurgia perché dinanzi al comune sguardo prorompa il fatto che ne disponiamo solo per farlo essere il suo stesso spezzettamento
(J.Lacan , Scilicet)
Alla luce delle recenti indagini condotte sui comportamenti giovanili ciò che risulta in forte aumento sembrano essere le pratiche di autolesioni che i ragazzi infliggono ai loro corpi.
Alcune ricerche rilevano che il 10% dei giovani tra i 12 e i 15 anni praticano il Cutting, vale a dire incidono il proprio corpo con tagli, bruciature di sigarette, oltre a piercing, e tatuaggi.
Le ricerche ci informano anche che queste pratiche sono in forte aumento.
E' bene allora approfondire la questione e aggiungere agli articoli( I ragazzi e la paura, e Gioventù smarrita) già scritti su questa rubrica "Riflessioni" anche il rapporto che l'essere umano instaura con il proprio corpo.
Lacan configura il corpo alla nascita come un "corpo in frammenti".
Una volta catapultato nel mondo il bambino sperimenta uno straripamento di sensazioni caotiche, disordinate, diffuse in varie parti di pezzi di corpo sparsi non controllabili.
Una volta tagliato il cordone ombelicale, la prima esperienza vissuta rimanda sensazioni scoordinate, stimoli totalmente estranei, una moltitudine di sensazioni non integrate sparse su diverse parti del corpo. Dunque ciò che si sperimenta alla nascita è un corpo non assemblato e piuttosto "in frammenti " come lo definisce Lacan.
Queste prime esperienze "spezzettate", disorganizzate e disordinate sono vissute come una"invasione" totalmente estranea: il primo rapporto che il bambino sperimenta con il corpo è di totale estraneità.
Qualsiasi esperienza come la fame, la sete, il caldo, il freddo, verrà vissuta come ingovernabile. Non c'è ancora la parola ma soltanto il pianto e le grida: è qui che si innesta l'estraneità se non l'odio verso il corpo.
Soltanto in seguito a quello che Lacan chiama " Lo stadio dello specchio" il bambino sperimenterà l'unificazione del corpo, l'immagine che lo specchio gli rimanda sarà una immagine unificatrice, quel corpo vissuto in frammenti risulterà assemblato, unificato.
Ma a quella immagine bella, unificata non corrisponde la disarmonia vissuta: l'incapacità di stare
dritto, i movimenti disarticolati e disarmonici. Lo specchio rimanda una immagine ideale a cui non corrisponde il corpo reale: il corpo e l'immagine non combaciano e ciò che risulterà estranea sarà quell'immagine; vedremo come questa estraneità si riproporrà nel corso della pubertà.
Finito quello che Freud chiama periodo della latenza, vale a dire quel periodo in cui potremmo dire che il corpo non manda segnali di cambiamento, quel corpo stesso con la pubertà torna a farsi sentire.
Comincia a mandare segnali interni, per lo più di natura ormonale, che comportano cambiamenti visibili che lo specchio rimanda. Ciò che appare è una immagine in totale trasformazione, una immagine estranea, oggi in questa fase, consapevolmente estranea a differenza dell'estraneità vissuta alla nascita qualificabile soltanto a livello di sensazioni.
Immagine, dunque, sconosciuta, improvvisamente diversa con cui è di vitale necessità tornare a prendere contatto, con cui fare di nuovo conoscenza, immagine troppo spesso rifiutata, inaccettabile
La fragilità strutturale di questo periodo della vita comporta l'esigenza del confronto e la necessità dell'imitazione, ma quel corpo allo specchio non è assimilabile alle immagini dominanti che l'attuale cultura rimanda e risulta un "oggetto corpo" che si può arrivare ad odiare: niente sembra essere alle giuste dimensioni, niente sembra essere accettabile, tutto dovrebbe essere corretto, modificato.
Attualmente i tatuaggi e i piercing sembrano essere pratiche entrate in maniera invasiva nei corpi dei giovani.
Tali pratiche, soprattutto i tatuaggi, rimandano a tempi remoti della storia umana, addirittura prima dell'avvento della scrittura e, forse potremmo ipotizzare che fossero i primi segni di comunicazione scritta che sancivano la posizione sociale, il ruolo svolto e quant'altro all'interno della comunità
da parte dei vari soggetti.
Per quanto riguarda la nostra attualità le pratiche di "incisioni" appaiono non solo come fenomeni rispondenti alle mode quanto piuttosto espressioni di un malessere che può rimandare alla non accettazione di una immagine associata ad un disagio rispetto al proprio vissuto.
Autolesioni, tagli, bruciature che i giovani infliggono al proprio corpo se da una parte sembrano essere l'unico modo per tamponare quello che Freud definiva l'affetto primario per eccellenza vale a dire l'angoscia, bloccarla attraverso il dolore fisico con cui porre un limite alla sua invasività incontenibile, dall'altra, per mezzo del "Corpo" senza passare per la parola, sembrano essere un appello rivolto all'Altro, una ricerca di aiuto espressa con l'immagine del corpo "sfregiato".
Ed è proprio nella fase d'uscita dall'infanzia , in questa fase critica che si manifestano le pratiche autolesioniste in tutte le loro espressioni: la fragilità che caratterizza il passaggio all'adolescenza la si rileva soprattutto oggi attraverso questi passaggi all'atto inflitti al corpo.
Se i tatuaggi nelle antiche civiltà tribali codificavano il passaggio simbolico dalla fanciullezza all'età adulta con tutto ciò che questo comportava in termini di scelte, ruoli, ingresso nelle responsabilità, le attuali estremizzazioni delle scarificazioni a cui i giovani oggi si sottopongono sembrano essere più l'espressione di un impossibile verso questo accesso, soprattutto in questa nostra epoca che ha fatto del corpo un oggetto di culto ed ha fatto dell'immagine l'elemento unico, imprescindibile per presentarsi al mondo, per aprirsi al mondo.
"Laddove la mia immagine non può sostenere i modelli ideali che in maniera ridondante vengono proposti, il mio corpo immagine torna ad essere oggetto di rifiuto, di estraneità, corpo da odiare, oggetto da non mostrare.".
L'aumento dunque del Cutting a cui i giovani ricorrono c'interroga su quanto il rafforzamento culturale nei confronti del corpo immagine, l'idealizzazione dell'Io configurato tutto sul versante di una immagine da mostrare e le soluzioni e i rimedi a cui si può ricorrere per aderire ai cosiddetti modelli ideali, ci fanno riflettere su quanto questa impostazione culturale del linguaggio figurato incida in maniera intensiva sulle difficoltà già presenti nella struttura umana.
Ogni soggetto può costruire la propria umanità solo attraverso il Senso, il significato che vuole perseguire per la sua vita, questo è possibile solo se lungo il percorso di crescita riesce a dare peso e sostanza a quel corpo con cui farsi largo, trovare un posto nel mondo che sente consono al proprio desiderio, un corpo che non richiede una cosiddetta perfezione estremamente aleatoria a seconda delle Mode ricorrenti, non richiede di essere elevato a culto per potersi presentare ma richiede di essere accettato, amato e rispettato anche nei suoi limiti ed eventuali "difetti".
Il linguaggio dell'immagine con cui oggi si viene "bombardati", puntando esclusivamente sull'elogio dell'estetica non fa che rafforzare quell'IO ideale irraggiungibile, impossibile da emulare. La fragilità strutturale con cui l'essere umano in questa fase della propria esistenza deve fare i conti viene rafforzata piuttosto che supportata per consentire aperture verso quel "corpo" con cui costruire un'alleanza , una pacificazione, un apprezzamento di cui poter essere fieri, con cui accompagnarsi lungo il percorso della vita. La bellezza non può essere ridotta ad una arida presentazione dell'immagine ma richiede di essere nutrita, alimentata dal fascino della conoscenza, dalla curiosità verso il sapere , dalle opportunità da cogliere nel rispetto dell'ascolto dello sbocciare di desideri che si proiettano verso un futuro da costruire.
Dott. Maria Marcella Cingolani