C. Monet
Che rapporto hanno le Donne con la violenza a cui troppo spesso sono soggette?
Le informazioni scaturite dalle varie inchieste sull'argomento in questione ci dicono che la violenza sulle Donne è in forte aumento ma la percentuale di donne che denunciano di essere state vittime di violenza, sia essa psichica che fisica, risulta essere molto bassa.
Noi sul nostro sito abbiamo dedicato una pagina a questa tragica questione.
Sempre dalle varie inchieste si evince che abusi, maltrattamenti, menomazioni fino all'assassinio avvengono nella maggior parte dei casi all'interno delle famiglie, dentro le mura domestiche, vale a dire nel luogo dove si concretizzano le più intense e ravvicinate relazioni.
Ancora dalle inchieste veniamo a sapere che la violenza uccide più del cancro e degli incidenti stradali. In Italia i dati forniti dal Ministero delle Pari Opportunità dicono che circa la metà delle donne tra i 14 e i 59 anni hanno subito molestie di natura sessuale.
Da tutti questi dati deduciamo che troppe poche donne denunciano e troppe donne subiscono la violenza.
Perché le Donne troppo spesso si fanno carico dell'aggressività del loro partner?
Possiamo dire che la violenza sulle donne non è mai venuta meno nel corso della storia ma possiamo anche dire che i diritti acquisiti, una maggiore consapevolezza della condizione umana , una maggiore attenzione a ciò che riguarda l'essere persona in termini di rispetto e di scelte ha fatto si che la questione della violenza emergesse in tutta la sua portata.
Volendo tentare di rintracciare le cause da un punto di vista psicoanalitico potremo focalizzare l'attenzione su un aspetto che ci sembra stia venendo meno nella nostra società, vale a dire il declino della Legge, cioè tutti quei principi che nel contesto della cultura delle relazioni familiari fungevano da puntelli, da regolatori rigidi rispetto ai vari ruoli, alle varie funzioni inerenti i diversi componenti la famiglia.
La funzione simbolica del padre stabiliva senza diritto di replica i comportamenti e le modalità relazionali, le donne relegate al solo ruolo di madri se perdevano inconsapevolmente sul versante dell'essere anche donne, persone con desideri al di fuori della esclusiva funzione procreatrice, acquistavano però sul versante della non responsabilità e dunque della protezione: sposarsi e diventare madri consentiva di assurgere ad un ruolo intoccabile e per questo altamente protettivo.
La violenza per lo più si concretizzava se la donna non assolveva a tali aspettative, vale a dire che poteva essere ripudiata se sterile o anche se non procreava figli maschi; il tradimento veniva punito anche con l'uccisione della donna stessa, la legge lo consentiva: - Il delitto d'onore -.
Il XX secolo è stato il secolo delle grandi rivoluzioni e dei grandi sconvolgimenti tra l'altro per quanto concerne la questione della Donna: le lotte per il diritto al voto, i movimento femministi, il divorzio, la legge sull'aborto, tutta una letteratura sulle questioni della donna, della sua sessualità, della scoperta del corpo ( vedi scrittrici come L. Iragaray , C. Lonzi) . Questa " Rivoluzione culturale" ha portato la Donna ha "mettere il naso" fuori dal luogo della protezione ,vale a dire le mura domestiche, per scoprire ed inserirsi e cominciare a far sentire la propria voce nei vari settori della società. Se prima la donna era relegata al solo ruolo di madre o tutt'al più in ambito sociale a quello di "maestrina" oggi si assiste alla rivendicazione di ruoli nei vari settori della società stessa.
In questa destabilizzazione di tradizioni e di costume l'uomo non ha parallelamente avviato una sua rivoluzione culturale per cui rimanendo rigido nel suo ruolo di marito e di padre ha visto vacillare la sua posizione e non è riuscito più a reperire all'interno dei suddetti ruoli le coordinate guida.
E' da dire che la questione riguarda anche la donna la quale si trova nella difficoltà di darsi una identità che la qualifichi come tale per cui molto spesso è costretta a barcamenarsi all'interno di ruoli diversi ( la casa, la famiglia ,il lavoro, l'impegno sociale ) e dunque in un vortice difficile ed estremamente faticoso da gestire.
Spesso proprio alla luce di queste difficoltà si innescano nella donna dei sensi di colpa avallati dalla ancora fragilità identificatoria ai vari ruoli. Potremmo ipotizzare che quest'ultima possa essere una delle cause del silenzio rispetto alle violenze subite, come se queste fossero il giusto prezzo da pagare.
Potremo dire che all'interno della coppia e della famiglia è come se i vari componenti attualmente si tr/q>ovassero sprovvisti dell'orientamento guida vale a dire di ciò che rappresenta essere uomo o donna, marito o moglie.
La donna che nella sua ricerca di darsi una identità ha nel tempo, soprattutto a livello sociale, "invaso" gli spazi che l'uomo storicamente ha inteso come diritti sanciti e riconosciuti dalla posizione simbolica antropologicamente occupata fin dai primordi , fa scattare in quest'ultimo una delle passioni dell'essere umano, così definite da Lacan, vale a dire l'odio.
L'odio come passione in questo contesto si manifesta anche nei termini di una gelosia: l'altro viene odiato perché mi sottrae, mi deruba di qualcosa che è appannaggio del mio essere nato uomo, l'altro donna invadendo i miei spazi introduce una mancanza non sostenibile.
La manifestazione della violenza risulta essere il mezzo per eliminare "il rivale" , in questo caso la compagna che diventa il nemico da abbattere per poter ripristinare una posizione; d'altronde i confini tra l'odio e l'amore - altra passione dell'essere umano - sono estremamente labili.
L'invasione della donna che tenta di mettere in discussione e dunque di terremotare antichi e arcaici poteri supposti inalienabili fa scattare nell'uomo quella pulsionalità così ben descritta da Freud in "Totem e Tabù" laddove per l'uomo - per il Padre - non c'erano limiti al godimento.
Nel mito freudiano soltanto la morte del padre ha introdotto il limite e ha permesso il passaggio dalla natura alla cultura attraverso l'introduzione delle regole e dunque l'avvio della Civiltà.
Se oggi si assiste ad una recrudescenza di violenza nei confronti della donna ci sembra di poter sostenere che una delle cause principali possa essere individuata proprio nelle decadenza del limite. Il consumismo sfrenato a cui siamo continuamente sollecitati porta in via immaginaria a riproporre il godimento tutto, senza limiti, con la tragica conseguenza dell'eliminazione dell'Altro, laddove la felicità è appannaggio dell'acquisizione di un avere totale, esclusivo, se vogliamo autistico non condivisibile.
In questo contesto del godimento-tutto senza limiti non si è più disposti a fare spazio all'Altro, a porsi nella condizione dell'ascolto reciproco, della possibilità di riconoscere l'Altro non più come oggetto da cui trarre godimento ma come Soggetto separato con cui condividere obiettivi e rispetto per i desideri di ognuno.
Se perseguire il godimento-tutto comporta il consumo sfrenato e mai esaustivo degli oggetti, (laddove anche l'altro-donna è concepito come oggetto da consumare),nell'utopica idea immaginaria di una possibile conquista della felicità, di contro con l'accettazione dell'esistenza dell'alterità dell'Altro è possibile l'accesso ad una soddisfazione che scaturisce dal suo riconoscimento.
Riconoscere l'Altro nelle sua diversità apre le porte ad una dialettica, ad uno scambio che si qualifica con manifestazioni di segni, di gesti non mai esaustivi ma continuamente creativi e rinnovabili che risultano essere il sale della convivenza. La soddisfazione allora che se ne ricava nasce dalla possibilità data dal non sentirsi invaso dall'Altro, dal percepire l'Altro non più come una minaccia ma come un compagno con cui costruire un percorso di vita.
Scriveva Lou Andreas Salomè in "La materia erotica":
Nell'amore avvertiamo questa spinta, diversa da ogni altra, ad unirci l'uno nell'altro proprio sotto l'impulso della novità, dell'estraneità, di un qualcosa che è stato forse presentito e desiderato ma mai realizzato...
Dott. Maria Marcella Cingolani