C. Monet
Il sintomo viene definito nel vocabolario della lingua italiana come un segnale, un indizio rivelatore di un fenomeno.
Quando questo sintomo (segnale) è avvertito da un soggetto in quanto portatore di un disequilibrio che produce un malessere, lo stesso si rivolge al medico, il quale attraverso il suo sapere e con l'aiuto della diagnostica (analisi, lastre etc.) risale alla causa per formulare una diagnosi e prescrivere la relativa cura.
Potremmo a questo punto affermare che un sintomo medico richiede una Clinica dello sguardo, dell'osservazione, dell'occhio professionale che rilevi nel sintomo segnale la disfunzione per eliminarla e ripristinare l'equilibrio e dunque il benessere del soggetto.
Può capitare che un sintomo "segnale" trovi nel "Corpo" ( i sintomi psicosomatici, gli attacchi di panico, per esempio) o ancora nella "Mente" ( il fenomeno depressivo, l'ansia per esempio) il luogo privilegiato per esprimersi: in questi casi un soggetto si trova a far fronte a qualcosa di indefinito, inspiegabile con cui è difficile convivere per lo stato di malessere che tale segnale produce.
Il Soggetto a questo punto si trova a dover confrontarsi con qualcosa di incomprensibile, potremo dire con un enigma, con un mal-essere di cui si lamenta ma che non ne capisce le motivazioni, l'origine, il perché.
Certe volte l'apparizione di questa tipologia di sintomi che potremmo definire analitici si presenta paradossalmente in momenti della vita in cui il soggetto sente che le "sue cose" vanno per il verso giusto, che nella realtà che lo riguarda non c'è niente che possa apparentemente fare da causa al disagio e alla sofferenza in cui sente di essere "precipitato".
Potremo a questo punto affermare che un sintomo analitico richiede di essere decifrato.
Freud definisce il sintomo analitico una metafora, vale a dire qualcosa che sta al posto di qualche altra cosa, un segnale che come una matassa richiede di essere dipanato, un segnale al cui interno si cela un significato, un senso che rimanda alla storia e alle vicende più intime del soggetto.
Dunque il sintomo analitico non può essere trattato come il sintomo medico.
In questo caso la clinica dello sguardo da parte dell'esperto non consente al soggetto di dispiegare gli intrecci, i risvolti che tale segnale richiede. La sua sofferenza che sfocia molto spesso nell'angoscia necessita di una interpretazione, necessita l'implicazione del soggetto stesso che attraverso un percorso di parola arrivi a trovare le risposte a lui consone al sintomo "segnale".
I meandri della sua esistenza, le scelte, i desideri non espressi, le rimozioni rispetto a momenti, a sensazioni, a pensieri, questo materiale è spesso implicato nel sintomo analitico.
Con Freud dunque si è passati dalla clinica dello sguardo alla clinica dell'Ascolto.
Il medico implicato non può più prospettare una guarigione indotta
dall'esterno da cui il soggetto passivamente aspetta il risultato, ma dovrà farsi "guida" del Soggetto che attivamente si coinvolge nel deciframento e nella scoperta del senso che il sintomo "segnale" porta con sé.