Particolare del Quadro di Claude Monet : Impression

C. Monet

Obesità

In nome del padre : inaugura il segno della croce. In nome della madre s'inaugura la vita.(E.De Luca, In nome della madre)


..se l'Altro, che pure ha le sue idee sui suoi bisogni, se ne impiccia, e al posto di ciò che non ha lo rimpizza della pappa asfissiante di ciò che ha, cioè confonde le cure con il dono del suo amore".
(J. Lacan – La direzione della cura)

Se dovessimo dare una definizione dell'obesità , escludendo disfunzioni ad eziologia ormonale o di altra natura fisiologica, potremmo inquadrare l'obesità come l'incapacità di separarsi dalla domanda dell'Altro materno che attraverso la "pappa asfissiante" mantiene il soggetto in posizione di oggetto vuoto il cui unico vitale bisogno viene ad essere rappresentato dal cibo.

La nascita come avvio alla vita può comportare per la madre una sensazione di svuotamento, di lacerazione, di distacco, di perdita, di fine di un periodo di totale simbiosi con il bambino generato e questo può essere vissuto non tanto come gioia di essere stata in grado di dare la vita, quanto proprio come distacco, come la fine di una sensazione di completezza, di un tutt'uno con quell'Essere generato.

Spesso può capitare, onde evitare l'angoscia che il distacco comporta, vissuta come perdita, di avviare un'illusoria idea di ripristino di quella sensazione di completezza attraverso quella che Lacan chiama la "pappa asfissiante".

Molte mamme prolungano il tempo dell'allattamento al seno: momento di contatto idilliaco vissuto in maniera beante sia dalla mamma che dal bambino.
Questa incapacità di avviare un primo approccio di separazione con l'introduzione di una mancanza può comportare nel soggetto bambino una fissazione di quella che Freud definì pulsione orale, vale a dire il ricorso, in questo caso, all'oggetto cibo (latte).
L'oralità può venire a rappresentare quell'elemento vitale, unica garanzia di sopravvivenza ed anche unica garanzia d'amore da parte dell'Altro materno.

Nel caso dell'obesità cosiddetta patologica sembra essere presente l'incapacità al rifiuto, l'impossibilità di accedere al NO, all'eccesso dell'elemento cibo.
La questione, dunque, sembra rimandare alla posizione originaria dell'infanzia, laddove il bambino si trova nella totale dipendenza dalla domanda dell'Altro e questa dipendenza può comportare un ancoraggio al mantenimento della posizione di oggetto ed in questo senso un evitamento alla separazione.
Laddove nell'anoressia la separazione avviene attraverso il prevalere assoluto del rifiuto della "pappa asfissiante " fino alle estreme conseguenze e nella bulimia si può assistere ad una alternanza tra accettazione e rifiuto, nel caso dell'obesità l'oralità concretizzata con l'oggetto cibo diventa l'unica risorsa per evitare la separazione dall'Altro e da asfissiante la pappa si trasforma in oggetto elettivo, vitale, garanzia di sopravvivenza.

L'obeso non mangia, divora. Il suo rapporto con il cibo è vorace, è costantemente vorace, questo nel costante e continuo rifiuto dell'impatto con la separazione, laddove il cibo diventa l'unica forma di compensazione, di "evitamento" all'idea di mancanza, di vuoto rispetto all'Altro, alla domanda dell'Altro che non riesce mai a saziarsi.

Quanto sopra detto rende ancor più problematico quello che Lacan definisce "complesso di svezzamento", vale a dire quell'insieme di azioni che portano l'infante verso una sempre più consistente separazione da quella linearità immaginaria, madre-bambino come se il taglio del cordone ombelicale potesse essere evitato proprio attraverso il soddisfacimento continuo e costante della pulsione orale.

Il mancato avvio del processo di separazione messo in atto con l'oggetto cibo, e dunque il rifiuto di un'idea di mancanza alla quale l'altro materno può sopperire con il dono del suo amore – dice Lacan- piuttosto che con la "pappa asfissiante", può determinare una fissazione, come sopra detto, sull'oralità e può comportare delle grosse difficoltà verso quel processo di separazione: elemento fondamentale e vitale per concretizzare un'idea di soggetto in grado di desiderare altro e di poter guardare oltre e al di là dell'altro materno.

Una ricerca condotta in alcune scuole materne della capitale ha riportato che il 6,5% dei bambini sotto i sei anni rispondono ai parametri della condizione di obesità.
L'obesità infantile prefigura ed è predittiva di una probabile obesità in età adulta.
L'obesità infantile sembra essere la conferma all'incapacità del soggetto ad avviare il processo di separazione in quanto il soggetto stesso rimane bloccato nella sua posizione di oggetto da riempire della pappa asfissiante.

Rapporto del soggetto con il suo corpo.

Ciò che risulta evidente nel caso dell'obesità è la questione dell'immagine: il corpo dell'obeso mostra un'immagine in cui straborda la "carne", dove non si configura più nessuna forma se non un'unica forma e questo porta spesso il soggetto obeso verso una lenta e graduale emarginazione sia per le difficoltà prettamente funzionali a svolgere determinate prestazioni sia per evitare lo sguardo dell'Altro.
Nel tempo il soggetto obeso arriva a percepire il proprio corpo come qualcosa di estraneo a se stesso, come separato da se stesso. Questa sensazione di estraneità si conferma e si rafforza alla luce dell'impossibilità di percepire i limiti, i confini del proprio corpo e l'immagine che lo specchio gli rimanda viene vissuta come estranea, come involucro che straborda.
Questo troppo del corpo che innesca un'idea di estraneità può essere percepita dal soggetto obeso anche come una forma di protezione, di nascondimento del proprio Io ideale da dover proteggere e difendere.

Dunque il corpo grasso sembra rispondere ad una duplice funzione vale a dire alla voracità non mai saziabile della pulsione orale, garanzia di sopravvivenza, ed alla messa in sicurezza attraverso una distanza reale tra l'Io ideale e le insostenibili immaginarie richieste dell'altro a cui non si è nella condizione di poter dire NO.
Come già accennato, nella nostra cultura occidentale si registra un forte aumento di bambini e adulti obesi: non si può a questo proposito disconoscere come la nostra Civiltà contemporanea avalli e rafforzi l'incapacità verso il processo di separazione prospettando un "Nutrimento" in continuità con quello materno in grado di evitare una qualsiasi idea di soggettivazione.
La proposta continua e martellante di oggetti di consumo sempre nuovi, sempre diversi in grado di soddisfare un godimento immediato da "nutrire" costantemente crea nei soggetti una idea illusoria e artificiale di "evitamento" dall'angoscia che potrebbe scaturire da una possibile mancanza.
Un piccolo esempio potrebbe essere quello dello svuotamento dei supermercati laddove si paventa il rischio di sciopero o di previsioni del tempo catastrofiche!

Per il soggetto obeso sembra non poter esserci l'opportunità di accesso al desiderio di esistere all'interno di un'idea di mancanza, di introduzione di un vuoto che potrebbe introdurre un minimo di distanza dall'oggetto cibo e consentirgli di guardare altrove, di desiderare altro per potersi avviare verso una creazione di un se stesso autonomo in grado di scoprire un desiderio intimo, personale che dia spazio a quell'Io nascosto, soffocato, imprigionato sotto, dentro la massa di carne strabordante.

Dott. Maria Marcella Cingolani