C. Monet
Di un padre si può farne a meno a condizione di servirsene
(J.Lacan)
...tout flatteur vit aux dèpens de celui qui l'ècoute
[... ogni adulatore vive a spese di chi lo ascolta]
(La Fontaine – Favole:Il corvo ed il volpone)
Il Potere ha sempre a che fare con l'Altro, vale a dire con qualcuno che lo esercita a pieno titolo, oppure in via arbitraria.
Nella nostra società occidentale la prima autorità ad esercitare il potere rimanda a colui o colei che in seno alla famiglia se ne fanno carico.
Nei parametri edipici, così come li descrive Freud, il potere, la "patria potestà", rimanda alla figura del Padre, colui che si assume l'onere di introdurre il limite alla relazione tra la madre e il bambino ricordando alla prima di essere non solo madre ma anche donna e al secondo di dover rinunciare al godimento della madre tutta per lui per introdurre una mancanza, fondamento per la scoperta di un desiderio autonomo e personale che gli consentirà di avviarsi nel mondo e dunque di uscire dall'ambito ristretto e protettivo della famiglia stessa.
Oggi sembra obsoleto parlare dell'Edipo considerati i grandi cambiamenti apportati anche al concetto di famiglia, ma questo non invalida quello che possiamo considerare fondamentale ed anche universale vale a dire il fatto che ciò da cui non si può prescindere è la funzione che una qualsiasi persona all'interno del primo nucleo relazionale assume su di sé.
Non è tanto importante chi sia colui (nonno, zio o genitore) che si farà carico, si metterà al servizio o si farà rappresentante per introdurre un limite, un divieto, quanto che nell'assunzione di questo "potere" abbia sempre chiaro che egli è al servizio di una funzione e che anche lui o lei siano rispettosi di tale funzione.
L'assunzione di responsabilità deve vedere sempre il soggetto che se ne fa carico "servitore" e dunque testimone di ciò che va a rappresentare.
Nel passaggio dalla famiglia alla Società il passo è breve, l'impatto con il mondo esterno avviene molto precocemente : prima la scuola, poi il mondo delle relazioni allargate e ancora il mondo del lavoro, il mondo della politica, tutti siamo inseriti volenti o nolenti dentro questi contesti.
E dentro a tutti questi contesti necessita che qualcuno si faccia rappresentante del Potere e dunque di tutto ciò che questo comporta in termini di fatica, di rispetto delle regole, di rispetto delle diversità siano esse culturali, sociali e relazionali.
Oggi si fa un grande uso della parola Democrazia che viene dal greco Demos (popolo) e Kratos (potere). Non c'è niente da criticare su tale termine, è l'espressione di quanto stiamo cercando di spiegare, è la forma migliore per l'esercizio del potere in totale opposizione alla forma dittatoriale che invece vede il potere come strumento di imposizioni.
In questi ultimi tempi abbiamo assistito a grandi rivoluzioni di popoli che reclamavano attraverso la lotta la democrazia e dunque la possibilità di scegliere rappresentanti in grado di mettersi al servizio di una funzione ed in quanto tali rispettosi delle istanze condivise e reclamate dal popolo.
Quello che però ci sembra di poter rilevare è che laddove le democrazie sono già da tempo in atto l'uso del termine democrazia si stia svuotando del suo significato più consono . L'uso e l'abuso del la parola democrazia sembra più un tentativo di difenderla da un lento e inesorabile scivolamento verso un potere camuffato da moralismo, perbenismo che si avvale sempre più di una burocrazia che si giustifica proprio come unica forma di protezione della democrazia stessa.
Questa modalità di protezione della democrazia ne evidenzia la sua fragilità: più si legifera e più la democrazia si fa fragile.
Il legislatore, colui che detiene il potere e decide in via omogenea su ciò che è lecito e su ciò che non lo è, rischia di ergersi a "Grande Giudice" della moralità, il Super Io imperativo che sa e dunque impone la propria autorità. Questa assunzione del potere, spesso giustificata dal perbenismo, può sfociare nella perdita del confronto e del dialogo, della tolleranza e della conoscenza dell'altro.
Coloro che si fanno carico di rappresentare il popolo non possono mai perdere di vista il fatto che quest'ultimo non è formato da una massa informe da tenere sotto controllo quanto da un insieme di soggetti che chiedono di essere ascoltati e dunque è di fondamentale rilevanza creare e mantenere uno spazio pubblico per il confronto ed il dibattito.
A partire dalla famiglia, qualunque sia la sua forma, e poi la scuola e le comunità fino allo Stato, chiunque si fa servitore del potere non può mai venir meno a questo principio Etico, vale a dire che la sua funzione non è mai di dominanza e dunque impositiva quanto piuttosto un'autorità propositiva e aperta al confronto ed al dibattito.
Per quanto concerne la Psicoanalisi, questa non esaurisce la sua funzione Etica all'interno di uno Studio ma la sua attenzione al "mondo" circostante scaturisce dal disagio e dal malessere che quel "mondo circostante" porta all'interno di quello Studio. Quel disagio e quel malessere che si esprimono attraverso dei Sintomi sono sempre espressione di una estraneità, di una solitudine, di una incapacità di legame sociale condiviso.
Più l'Adulatore attrae con falsi messaggi di felicità, con pseudo idee di libertà senza limiti, con godimenti immediati, con falsi ideali assolutistici e Verità indiscutibili, più il popolo si fa Massa
Indistinguibile, facilmente manovrabile e suggestionabile, incapace di riconoscersi come un insieme di Soggetti pensanti e critici in grado di riflettere, di allargare le proprie conoscenze, di farsi promotori e ascoltatori di istanze condivisibili.
La psicoanalisi in questo senso può fare a meno di un padre per servirsene, per farsi strumento di ascolto, per permettere ai vari Soggetti di proporsi, di ri-conoscersi come tali per se stessi e per se stessi in relazione agli altri.
Cominciare a concedere tempo e spazio al proprio Essere Soggetto consente di recuperare, di costruire una propria dimensione non più in balia di falsi godimenti ma di scoperta di peculiari e intimi desideri da realizzare anche con fatica ma liberi dalle schiavitù imposte da detentori di potere di qualsivoglia natura.
Dott. Maria Marcella Cingolani