C. Monet
Il linguaggio forma il luogo delle tradizioni, delle abitudini mute del pensiero, dello spirito oscuro dei popoli, accumula una memoria fatale che non si conosce neppure in quanto memoria.
Esprimendo i loro pensieri in parole di cui non sono padroni, situandoli in forme verbali le cui dimensioni storiche sfuggono loro, gli uomini sono convinti che il loro discorso si pieghi ai loro intenti, mentre ignorano di sottostare alle sue esigenze.
( M. Foucault, Le parole e le cose)
La nascita è di per sé l'origine, la matrice dello smarrimento.
La struttura umana è di per sé costituzionalmente smarrita.
Il distacco dal corpo della madre vede il nuovo soggetto catapultato in un mondo totalmente sconosciuto.
Il nuovo nato sperimenta fin da subito sensazioni mai provate, sconosciute; la totale armonia vissuta all'interno dell'utero viene bruscamente interrotta: per ogni nuovo nato inizia lo smarrimento.
Il nascituro improvvisamente sperimenta sul suo corpo un clima diverso, troppo caldo, troppo freddo, il contatto di mani che lo sfiorano, che toccano la sua pelle e le sensazioni che percepisce gli risultano totalmente estranee e ciò che risulta in primis estraneo è proprio il suo corpo.
Quel corpo che fin da subito viene vissuto come sconosciuto, estraneo, spesso resta tale anche nella crescita: quel mondo rappresentato dal corpo può non essere accettato, se non addirittura odiato ( vedi il caso estremo dell'anoressia).
Dunque alla nascita ognuno sperimenta un mondo duplice: quello interno rappresentato dal proprio corpo e quello esterno rappresentato da stimoli visivi, acustici, tattili etc.
Questo breve preambolo sulla nascita è per evidenziare che non ci si può stupire se fin da subito l'unica cosa certa che ogni soggetto sperimenta è lo smarrimento.
Con un ulteriore smarrimento fin da subito ogni soggetto deve fare i conti: vale a dire con i “suoni” emessi dall'altro. Le parole dell'altro risultano essere dei suoni a volte troppo alti o troppo bassi, a volte acuti, e il cui senso sfugge totalmente.
Questo accesso lento e graduale alla conoscenza è l'unica opportunità per ogni essere umano di contenere lo smarrimento originario.
La vita in quanto dinamica comporterà continui cambiamenti, per esempio l'ingresso nel mondo scolastico, e di nuovo si proporranno quelle originarie sensazioni di smarrimento che spesso il bambino sperimenta attraverso il pianto o sintomi sul corpo, come per esempio mal di pancia, e così via. Soltanto la parola tranquillizzante dell'altro, il suo modo di introdurlo in quel nuovo mondo sollecitando la curiosità verso nuovi oggetti, verso nuovi bambini riuscirà a mitigare la paura del nuovo, di ciò che è sconosciuto, che è estraneo.
Un altro momento vissuto con grande smarrimento è il periodo della pubertà, laddove il corpo, questo primo altro sconosciuto, cambia e si trasforma: allora è di nuovo necessario introdurre nuovi significati, nuovi sensi a tali trasformazioni.
È necessario fare conoscenza con il nuovo corpo, con il seno che cresce.
Con l'arrivo delle mestruazioni per quanto riguarda le ragazze, e con i primi segni della barba per i ragazzi, questo solo per fare qualche esempio.
Più si va avanti con la crescita e più saranno incisivi i cambiamenti in quanto determinanti ai fini delle scelte, come la scelta dell'indirizzo scolastico. Tanto più ci si sarà preso cura di quello che possiamo definire “soggetto in embrione”, nel senso dell'ascolto di quelle che appaiono come tendenze, preferenze od inclinazioni, tanto più facili e semplici saranno le scelte e più gestibile lo smarrimento.
Perché oggi sembra che lo smarrimento di cui soffrono i giovani stia assumendo forme difficilmente gestibili? Smarrimento che spesso rasenta un totale disorientamento e che sfocia in forme più o meno palesi di depressione, di svilimento di ogni possibile prospettiva?
Senza prescindere dalle attuali difficoltà sociali ed economiche in cui ci si dibatte, quello che appare evidente è comunque una mancanza da parte dei giovani di una spinta soggettiva e di un desiderio personale. Quello che emerge non è soltanto una resa nei confronti delle difficoltà esterne, quanto una incapacità, una impreparazione, un non aver mai interrogato se stessi rispetto al senso, al contenuto da dare alla propria esistenza.
Non si rileva il rammarico di non poter accedere alla realizzazione di un proprio desiderio per le difficoltà contingenti, quanto piuttosto la mancanza del desiderio stesso.
Che cosa non permette in questi nostri tempi ai giovani di scoprire, ascoltare e cercare di non tradire un proprio desiderio?
Le cause sono molteplici a partire per esempio dalla caduta di tutti gli ideali che facevano da collante, da spinta verso un qualsivoglia impegno sia esso politico o sociale. Sono cadute le tradizioni, gli usi che avevano una funzione educativa rafforzativa rispetto alle modalità relazionali, è caduta quella che veniva considerata la saggezza dell'anziano da cui poter attingere per dare vita a nuove creazioni, a nuove opportunità ed a prospettive di ampio respiro. La funzione genitoriale si è fortemente indebolita, non svolge quasi più quel ruolo di substrato da cui partire per varcare la soglia verso l'avventura della vita nel rispetto di quella particolarità che ognuno nel corso dello sviluppo ha potuto maturare.
L'epoca del discorso capitalista ha imposto in maniera ridondante il linguaggio della parvenza, dell'immagine del tutto e subito, del godimento immediato dell'oggetto spersonalizzato valido per tutti senza passare per il desiderio particolare e personale di ognuno.
Allora in questa nostra epoca immersa nella crisi economica, laddove non si reperisce più nessun tipo di protezione, nessuna garanzia dall'Altro, sia esso la legge, la società, gli organismi preposti all'educazione vale a dire la scuola, la famiglia, non ci si deve stupire se lo smarrimento sta diventando patologico.
Non ci si può stupire se verso lo smarrimento e nella crisi sta andando tutta la nostra così detta società civile.
Quando si sente così tanto parlare, in una forma sempre più strumentalizzata, di giovani, che non studiano e non cercano più lavoro, che vagano in maniera barcollante da un oggetto all'altro senza prospettive, senza idee, senza desideri, ma spaventati al pensiero di mettersi in gioco e di perseguire anche con sacrificio un obiettivo, bisogna interrogarsi su quali basi, su quali discorsi, su quale parola e su quale ascolto essi sono cresciuti.
Dott. Maria Marcella Cingolani