C. Monet
Per quanto concerne le origini della danza si ipotizza una analogia comportamentale tra i primi uomini e gli scimpanzè che abitualmente danzano in circolo intorno ad un punto fisso del terreno.
Dagli studi condotti sui Pigmei in Africa si è potuto ricostruire che nella civiltà paleolitica media esisteva - in quello stadio dello sviluppo dell'uomo - una forte tendenza alla danza imitativa che, si potrebbe ipotizzare, avesse lo scopo di raffigurare avvenimenti (tipo la caccia) del vissuto quotidiano ed anche aspettative di varia natura (vedi le danze propiziatorie).
Fin dai primordi, dunque, potremo affermare che la danza avesse lo scopo di rappresentare una primaria forma di comunicazione e di messaggio; vale a dire una prima forma di linguaggio attreverso l'immagine.
Per rifarci al titolo che abbiamo dato a questa nostra riflessione ci avvaliamo di quello che Freud ha teorizzato sul Sintomo.
Per Freud nel sintomo ci sono da evidenziare diversi aspetti, in questo contesto ne prenderemo in esame due.
Il primo aspetto che rileva Freud del sintomo è la sua natura di messaggio, messaggio rivolto all'Altro, messaggio espresso attraverso il corpo, attraverso i vari movimenti che il corpo esprime a seguito del " suggerimento musicale": la musica emanata dalla combinatoria delle note stimola il corpo ad esprimere i suoi messaggi.
Il sintomo dunque nella sua funzione di messaggio concretizzato attraverso il ballo viene a rappresentare un modo con cui l'essere umano cerca di avviare una forma di comunicazione con l'Altro, un inizio di relazione.
Nessuno di noi può negare che il ballo non sia stato uno strumento con cui si è tentato di avviare una qualche forma di relazione con l'altro sesso. Il rapporto con l'altro sesso da sempre per l'essere umano viene ad essere un ostacolo da superare una conquista da costruire.
Il secondo aspetto che qui prendiamo in esame è la seconda funzione del Sintomo rilevata da Freud. Anche questa seconda funzione è sul versante della comunicazione e dunque del linguaggio, vale a dire l'aspetto metaforico del sintomo. Cosa vuol dire? Vuol dire che il ballo-sintomo sta al posto di qualche altra cosa, è in sostituzione di qualche altra cosa.
Se ci soffermiamo su questo secondo aspetto del sintomo potremo affermare che attualmente il ballo ha perso molto della sua dimensione di messaggio per privilegiare quello della metafora.
Di quale altra cosa il ballo è venuto a prendere il posto?
La musica a "palla" nelle discoteche, le luci psichedeliche, una danza non più di contatto corporeo ma di estraneazione ed isolamento, solo in mezzo a tanti, un rafforzamento di questa estraneazione attraverso l'uso e l'abuso di sostanze vengono ad essere manifestazioni di un disagio, di una sempre maggiore difficoltà di ricerca di un senso personalizzato che introduce la differenza tra il vivere e l'esistere.
Le stragi del "sabato sera" sembrano rappresentare la voce di tanti giovani che attraverso la metafora del ballo comunicano il loro disorientamento nei confronti di una impossibilità di interrogarsi sulla propria esistenza, sull'opportunità di interrogarsi sul proprio desiderio sopraffatto e annullato da un bisogno di consumo immediato, generalizzato, imposto come irrinunciabile.
In questi nostri tempi, il tempo necessario per ognuno di riflettere sulle possibili scelte, possibili opportunità, sulla ricerca di un desiderio peculiare, sembra aver perso la sfida per soccombere al consumo di tutto, in una frenesia che non concede tregua - pena lo spettro dell'emarginazione.
Per chiudere questa poco esaustiva riflessione non ci sembra che i provvedimenti che sono stati attuati, come la chiusura anticipata dei locali o ancora il divieto di vendita di alcoolici e quant'altro, seppure utili, siano la risposta adeguata all'aspetto metaforico del ballo.
Sarebbe opportuno adottare la strategia dell'"Ascolto", ridare al tempo la sua collocazione di strumento indispensabile per permettere ad ogni giovane di non sentirsi ghettizzato in una categoria ma Soggetto in grado di esprimersi, di interrogarsi sulle proprie questioni, le proprie difficoltà, di elaborare e costruire la propria identità.
Dott. Maria Marcella Cingolani